Barbara Duran

Passages - Roma 2015 - Testi

Tracce

Un’estate a tenermi compagnia nel defluire di un dolore pungente e dolce.

Io ad ascoltarmi. Il tempo a placare, la realtà a dar equilibrio, ridimensionare i fantasmi,
il sogno a far emergere l’anima. Le paure, gli incantesimi e la natura delle cose.

Un’estate importante e piena.
Le corse in bicicletta sul bordo del Canal du Midi, le coincidenze inattese, la presenza in altra forma di chi mi ha generata e so, mi ama e mi protegge. Il mare profondo e la luna piena, il respiro di una farfalla a calmare le lacrime e la solitudine.

Un’estate, un incrocio.

La pienezza della maturità a tenermi per mano, nella sua bellezza diafana e fredda, a nascondere la passione. Il ricordo di un’infanzia tenera e completa, danza nel ricordo e tiene le file di una vita che desidera coerenza e dignità. Il pensiero, nella coscienza del passaggio immagina il proprio viso e il corpo stanco e rugoso ad attendere paziente un tempo che inesorabile verrà.

Barbara Duran (estate 2013)

Tre figure femminili a proteggere e ricordare tutto questo. Ad accompagnare i passaggi.
Custodi di un universo intimo e infinito, che appartiene alla Natura,, alle sue fasi improrogabili.

Nella pienezza, nella dolcezza, nella difficoltà, a dar forza e pazienza, come madri/figlie/sorelle di ogni anima, inquieta e serena.

Un’estate di luci e ombre.

Leggera come l’aria, pesante come il metallo, liquida come l’acqua e pungente come il fuoco,
l’acqua ha lavato le pareti e sgombrato gli inutili orpelli.

Le architetture interiori hanno fatto spazio a colori e passaggi fluidi e rarefatti: inappariscenti. I colori non più sentimenti, ma respiri.

Le forme osmosi con l’universo: il vento. La terra, la sabbia, la luce e la pietra.
Adesso, senza ego mi faccio tramite. I miei compagni sono umili, sinceri e delicati. Il distacco ancora lontano, la vita in mano.

Barbara Duran (estate 2013)

Per Barbara

Conosco Barbara da molto tempo. Conosco la sua passione per la pittura, per l’insegnamento, per la condivisione del “sapere”, anche in tempi remoti quando cercava la sua strada. Conosco i suoi primi lavori. Conosco la sua determinazione nel raggiungere il risultato che si era prefisso.
Conosco la sua caparbietà, silenziosa volontà nel captare “memorie” che vuole portare alla luce.
Conoscevo, e lo dico con grande nostalgia, sua madre a cui questa mostra è in parte dedicata.
La caratteristica di Barbara Duran è la sua assoluta certezza di voler in un solo gesto comprendere e far comprendere il suo “stato d’animo”. In un certo senso comprendere e forzare la realtà se necessario.
L’arte contemporanea non ci invita più alla dimensione estetica dello sguardo, ma alla vertigine dell’immagine in continuo cambiamento.
E questa che può apparire solo teoria, nella produzione di Barbara è una delle peculiarità con una nuova apertura a nuove formule, nonché con una più attuale lettura dei canoni estetici sfruttando una liberazione senza precedenti di forme, colori, concezioni estetiche, attraverso la perdita dell’innocenza ma qui diventa uno stadio della mente, dell’immaginazione, dell’intero processo creativo.
Per Barbara Duran, questa artista d’altri tempi, che rifugge il clamore della critica come pratica di vita, il foglio di carta come la tela, il video, il missaggio tra foto e pittura sono intesi in quanto “spazio atmosferico” da animare, da far vivere e vibrare con forme affidate ai valori della linea, del segno ed ai ritmi.
Il presunto “occhio innocente” del fruitore è lo strumento di cui l’Artista si serve per giustificare
L’analiticità delle descrizioni e le molte delucidazioni di carattere mitologico:
mitologia personale, mitologia storica, mitologia ancestrale. Tutto rientra nel gioco e nella figurazione.
La sua attenzione per le forme, dissolte, articolate o composte in un unico pannello formato da più dipinti è sicuramente diventata una sua costante compositiva produttiva.
La prospettiva diventa sempre un “veder attraverso”, e noi crediamo di guardare attraverso una scenografia paesistica continua, lo spazio rappresentato diventa uno spazio di aggregati.
Il suo accento sul particolare che diventa mosaico, nella grande figura, ci fa capire come recentemente stia studiando ed approfondendo il discorso sul Mito nelle sue varie declinazioni ed eccezioni. Mito declinato anche come passato personale mitico che lei cerca imperterrita di portare alla luce contrariamente al nostro atteggiamento corrente che è di seppellirlo.
Ci troviamo così di fronte a passato e presente e futuro fusi in unico abbraccio, in una multimediale composizione, che solo una visione ripetuta e approfondita ci può comunicare tutto il lavoro maieutico che sta alle spalle.

Renato Miracco  (estate 2013)

Ho conosciuto Barbara Duran prima delle sue opere, e ho incontrato la sua prorompente e inquieta vitalità impastata di sommesse pause dolenti, vigorosi furori, e attimi di pura gioia o pungenti dolori: come da un baule, sempre al seguito, che trasporta il variegato arsenale dell’esistenza, i suoi moti dell’anima e del corpo escono a mettere in scena, di volta in volta, brandelli assoluto.

Ma all’Assoluto, Barbara Duran non concede di occupare per intero e definitivamente la scena, insidiato dallo scarto ironico che reclama sospensione e alternanza di sguardo, sempre lucido, ma obliquo e disincantato. 

Tutta la sua opera – e Passages con particolare efficacia – testimonia l’esito creativo della trasposizione-trasfigurazione del processo della Memoria, mai pietrificata nelle fissità di un ricordo, mai identica a se stessa, perché costantemente rinnovata da apparizioni inattese, alternazioni e dimenticanza.

Ne risulta una costruzione pittorica di cui i contorni labili e sfuggenti delle figure (come nelle tre immagini femminili), e il vorticare o di riposare del colore, raccontano di quanto lo sprofondato e il riaffiorante si confondano e si inseguano, senza mai permettere ad alcun dettaglio di farsi ossessione. 

E la “…vita che desidera coerenza e dignità”, come la reclama Barbara Duran, è proprio quella che non si lascia sottomettere alla coattiva e paralizzante pretesa del ricordo, incistato nel dolore immutabile. Ma concedendosi alla sofferenza che si impegna a dipanare i fili del dolore e aprendo dighe al confluire di passato e futuro, la vita annuncia, accoglie e celebra i suoi ineluttabili passaggi. Nel tumulto e nella quiete.

Anna Pintus

Passages

Nella sua esposizione a carattere autobiografico, Barbara DURAN, artista e pittore d’origine italiana, ci fa rivivere tramite una quindicina di quadri di grande formato, i tre mesi seguiti alla perdita di sua madre, Insieme a lei12ci ribelliamo di fronte alla tragedia della sua scomparsa. E insieme a lei siamo colpiti al cuore, nel percorso più doloroso che ci sia: quello del lutto per un essere amato. Ma Passages non è una mostra triste, al contrario è un vero e proprio racconto per immagini, colmo di gioia, di piaceri condivisi, di momenti di intimità felice. Dove si scopre come la morte della madre divenga poco a poco punto fermo e segno nello svolgersi della vita, tappa inscritta nel processo della rinuncia, del prendere e del lasciare, nell’accettazione: un viaggio iniziatico nel quale l’artista ha creduto di accompagnare sua madre, ma dove, realmente, è stata invece dalla madre condotta. Barbara DURAN è partecipe della scuola della morte. Sfoglia le pagine di un quaderno che sua madre le porge, per insegnarle ad accettare, come un tempo le insegnò a tenere un cucchiaio, o a fare i primi passi. Giorno dopo giorno, sua madre le insegna a sdrammatizzare questo momento finale e a considerare la sua scomparsa tanto naturale quanto una nascita: un passaggio. Perché questa morte, per quanto violenta sia, è un dono, dono che vuole condividere e trasmettere con questa mostra. Il racconto straordinario di una storia tra una madre e una figlia, e che possiede una luce universale. Noi siamo tutti figli e figlie che perderemo abbiamo perduto padre o madre. Vorrei che questo progetto potesse aprire un nuovo sguardo sulla morte di coloro che amiamo di più.

Marc Higonnet