Per fare un breve intervento sulla pittura recente di Barbara Duran (…) alcuni dittici e trittici (Bogarin) come altre opere, ad esempio concepiti orizzontalmente, e in cadenza “condivisa”, attraverso i quali con accenti simbolici, sono un tutt’uno enunciazione dell’esperienza vissuta (in riflessione), cioè l’impressione della conoscenza della “storia”, che nel tempo ha preso forma. La stessa cosa accade con il pensiero. In questo modo, mentre per la composizione orizzontale può essere evocata la concezione della “predella”, immagine multipla in termini di narrazione, essa può, con la stessa parità, essere evocata attraverso il concetto di sedimentazione, in cui contiene unitariamente ogni evoluzione attraverso il concetto di sequenza. Per questo, non perdendo la realtà degli input visivi, crea il senso di “simultaneità”. Sono opere che, al di là del significato reale, possono essere considerate “appunti” esistenziali. Concetto che non è da escludere dal “tutto”; per un altro la Pittura vive anche di “appunti”; non di rado una nota è condizione di reciprocità tra l’autore e il suo pensiero, e in ogni pensiero si riflette. Emergendo da una situazione già vissuta e dall’altro “desiderata”. Quindi tutti insieme e nell’apparente diversità tematica (apparentemente per chi osserva dall’esterno, non è certo per chi concepisce l’immagine) quei “frammenti” costituiscono il significato di una “locuzione” completa, per cui il ” temporaneo” è naturalmente evocato. ” succeda delle immagini, che nella memoria è ovviamente tutto uno. Da tutto ciò, e per ciò che corrisponde alla generalità delle immagini, una riflessione che appartiene, filosoficamente parlando, direbbe che il concetto di esistenzialità (…) è come descriversi, essere se stessi, “presentarsi” (non in modo senso esterno, ma interno). Esistenzialismo in cui, però, non viene utilizzato, come spesso accade (almeno per non considerarlo all’interno del principio stesso dell’esistenza) in riferimento a un dramma.
Sembra che Duran sia equidistante da questo e dal contrario.
Domenico Guzzi – Febrero 2007
Queste opere fanno parte della collezione permanente del Museo Nacional de Bellas Artes di Asunciòn, in Paraguay.
(H.C.E.) Here Comes Everybody, “chiunque stia arrivando”, così James Joyce definiva la condizione umana nel secolo scorso; in questo il “deplacement” psicologico e temporale che mi avvicina all’arte di Duran, dove ogni luogo è altro da sé o sta per esserlo, “epifania” in un equilibrio sintetico tra forma e colore, movimento e contemplazione, apparenza e scomparsa. Da una pittura di costruzione mediata, “alle carte” di una percezione istantanea del paesaggio, all’astrazione cromatica e al cinema che è la sintesi di tutto questo.
Corrado De Grazia
“Mentre” un’immagine prende forma completa e ineffabile “anche” in quel luogo dove è già reale, e in attesa del momento in cui emerge dalla memoria, prima impenetrabile “poi” in un sorprendente “tempismo”, agisce finalmente in una sintesi di tratti e colori. Un artista e la memoria, un “deja vu”, un sospiro di nostalgia per una terra vissuta, sapientemente sottratta al campo con la propria esperienza di amore, di forza, di contemplazione…
Rolando Culluccini
MUSEO NAZIONALE DI BELLE ARTI | ASUNCIÒN, PARAGUAY | AGOSTO 2007
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