Barbara Duran

Metamorphosis, un progetto di Barbara Duran

Curato da Anna Isopo, con un testo critico di Lorenzo Canova.

19-31 Ottobre 2024

Vernissage Sabato 19 Ottobre 2024 17:30

Arte Borgo Gallery – Borgo Vittorio 25 – Roma

Metamorfosi di luce e di ombra

Lorenzo Canova

Verso il confine

Una visione calata nel transito alchemico dal buio all’illuminazione, la ricerca dello splendore che brilla tra le pieghe delle tenebre, un percorso di sublimazione dalla materia allo spirito ottenuto con gli strumenti millenari della pittura: nel suo ciclo più recente, Barbara Duran ha portato a compimento un lungo processo di rarefazione tecnica e concettuale, un viaggio che prende forma attraverso la nuova sintesi del suo stile e della sua idea costruttiva.
Per comprendere meglio le opere esposte in questa mostra, è interessante tuttavia riandare ad alcune fasi che le hanno precedute e che sono state presentate nella mostra personale di Duran White alla Ex Cartiera Latina di Roma nel 2021.
La prima evidenza è la progressiva scomparsa della presenza della figura umana che, ad esempio, era centrale nella grande installazione Icone mondo #1-#90 (2016-2021) dove apparivano anche citazioni da grandi maestri del passato come, tra gli altri, Rembrandt, Masaccio, Antonello da Messina o Piero della Francesca o in alcuni quadri del 2016 dove troviamo intensi dialoghi con Artemisia Gentileschi, Goya o Pier Paolo Pasolini.
Già in questi dipinti, tuttavia, apparivano i prodromi del cammino successivo, in cui i tagli costruttivi e la stesura cromatica hanno perso progressivamente molta della loro presenza materiale per dirigersi invece verso una dimensione di leggerezza spirituale, verso una nuova consapevolezza e una differente saldezza interiore sostenute da una necessaria trasformazione della pennellata che ha mantenuto comunque il rigore della sua coerenza segreta.
Questo sviluppo è specialmente evidente nell’altra installazione Servae. Icone liquide del 2018, dove le presenze iconiche delle figure femminili erano allo stesso tempo evanescenti e incombenti, traslucide e plastiche, in un’unione dei contrari che sembrava preludere ai meccanismi quasi ermetici delle opere più recenti con le loro nozze tra la notte e il giorno, celebrate in una vera e propria ars magna della luce e dell’ombra.
Il passo successivo è stato poi il dialogo con il paesaggio e la natura degli anni tra il 2018 e il 2020, in quadri e cicli come Opera prima, Appearance, Dream o Instant Light, dove la struttura dell’impianto pittorico ha perso corporeità per spostarsi verso una meditazione concentrata sulle vibrazioni di un colore sempre più rarefatto, in una sorta di coltre viva e pulsante in cui si intuiscono le forme di isole, di terre ignote, di una Venezia simbolica, lande che Duran ha attraversato come un’esploratrice dell’anima per oltrepassare quasi la soglia del visibile e toccare quell’indicibile limite dell’invisibile di cui avvertiamo quasi il profumo nelle sue opere più recenti.
Troviamo così quadri del 2020 come Blue #1, Blue #2, Blue Wawe, Dawn Sky o Yellow Light che, insieme ai Water Flowers del 2018 e i Water Colors del 2019 e ad altre opere affini, potrebbero essere considerati come il preludio ai dipinti più recenti, nel loro andare verso una dimensione aniconica che conserva le memorie di fioriture e di orizzonti, il nucleo segreto di spazi che si aprono come porte di una percezione interiore, nel superamento del confine dello sguardo che si completa attraverso le armonie segrete di un occhio rinnovato.

Le mutazioni della regola d’oro

Il ciclo di quadri raccolti in questa mostra rappresenta così l’esito ultimo (ma non definitivo) del percorso precedente, un approdo che non dimentica quello che è stato ma che si presenta nelle mutazioni della sua essenza e della sua forma.
Per queste opere Duran ha scelto molte fonti di ispirazione, a partire dal concetto di reciprocità della regola d’oro confuciana che l’ha condotta a lavorare in modo ancora più intenso sull’idea della metamorfosi, sviluppata con una pittura che, in modo circolare e ininterrotto, si trasforma nel suo archetipico eterno ritorno che va dall’oscurità alla chiarezza, dal buio allo splendore.
Questi quadri si collocano sul versante dell’astrazione, ma la pittura non perde però la forza del linguaggio, in un dialogo segreto dove Eraclito sembra incontrare Confucio e dove il pennello si immerge nel flusso della parola poetica, in un incontro paradossale in cui il verbale e il visivo si stringono in una fusione misteriosa.
La stesura sostiene con energia, levità e rigore gli esiti di questo processo, in una progressione dove la pennellata abbandona la sostanza tattile della materia cromatica e sceglie una strada di leggerezza e lucori, di pigmenti che brillano con raffinata sprezzatura, di variazioni sui metalli, sull’oro nelle sue declinazioni e sui segni della punta d’argento.
I versi di Shakespeare e di Paul Celan, di Ai Quing, di Leonard Cohen e di Paolo Conte sono sfiorati dalla mano di Duran e ricomposti nelle onde simboliche del gran mare dell’essere e dei laghi bianchi del silenzio, mentre i papaveri ci conducono dal sonno e dall’oblio alla nuova fioritura di una memoria che prende senso attraverso le polveri di colore abbandonate sulla tela.
Duran compie dunque questa navigazione in cui il grigio si impreziosisce di brillantezze mutevoli e preziose, di segni che ci accompagnano verso soglie sconosciute che palpitano nella nebbia come un punto di arrivo perennemente rimandato.
La pittrice ci guida quindi nella tensione inesauribile di un viaggio in cui il bene e il male si rispecchiano e si stringono nei rivolgimenti di un’unione arcana e necessaria, dove si è e non si è nello stesso momento, nel principio e la fine che si toccano e si rinnovano nella circolarità di un tempo “altro” che si addentra negli enigmi del profondo e dell’origine.
Nella coltre di questo manto abbrunato troviamo così la gloria di illuminazioni improvvise e folgoranti dove gli azzurri e i rossi distillano succhi di fiori paradisiaci e profumi che conducono a isole lontane nel tempo e nel ricordo, ritrovate nella rivelazione di nuove rotte, celate nelle incessanti metamorfosi in cui l’opera e la sua autrice si annullano e rinascono nel rinnovamento perenne della pittura e della sua essenza più profonda.

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